L’Italia è il principale mercato europeo per impiego domestico di pellet. Oltre un milione e mezzo di famiglie ha scelto questo combustibile per riscaldare la propria abitazione, tanto da raggiungere un consumo annuo ormai prossimo ai 2 milioni di tonnellate. È difatti ormai assodato come l’utilizzo di un impianto di riscaldamento alimentato a pellet permetta un notevole risparmio economico rispetto alle tradizionali caldaie, consentendo inoltre di godere -grazie all’impatto zero sull’atmosfera- di generosi contributi statali per acquisto e installazione.
Ma per usufruire al 100% del risparmio e delle potenzialità di questo sistema, è necessario tener conto di un fattore fondamentale: la qualità del pellet. Già da un esame visivo-tattile del prodotto si possono capire molte cose circa la sua qualità: scartiamo innanzitutto il pellet contenuto in sacchi che contengono segatura sul fondo così come i sacchi eccessivamente gonfi che stanno a indicare un rigonfiamento del pellet dovuto all’umidità. Quanto alla consistenza del pellet: se molto scuro potrebbe avere scorie o corteccia in abbondanza e ceneri porose e voluminose che possono intasare il sistema di pulizia del braciere o l’estrazione ceneri; se di qualità mista potrebbe avere un mix di materiali con punti di fusione della cenere diversi e lasciare “sassi vetrosi” nel braciere; se si presenta in varie dimensioni (friabile) disperde parti incombuste per lo scambiatore di calore, sporcandolo in modo anomalo, e tende a fare “ponte” nel braciere creando una combustione povera e di scarsa resa. Al tatto, se il pellet risulta duro da spezzare o non si sgrana strofinandolo con le dita, allora significa che ha una scarsa densità o una pasta umida.
Il pellet acquistato deve sempre essere fornito di marchio certificativo, utile all’acquirente per poter riconoscere la bontà del prodotto. A questo proposito, il miglior pellet disponibile sul mercato è marchiato dalle certificazioni DIN 51731, DIN PLUS, ONORM M7135, PELLET GOLD, EN PLUS, che garantiscono una perfetta resa della stufa/caldaia grazie all’ottimo potere di combustione, alla bassa produzione di ceneri e all’ottima fattura della materia prima utilizzata.
Vi sono poi fattori relativi alla performance del pellet che sono indici della sua qualità: potere calorifico e residuo di ceneri. Il potere calorifico è la quantità di calore sprigionata durante la combustione; tale valore è compreso tra un range che va da 4,5 a 5,5 kWh/kg, dove a valore più alto corrisponde maggiore qualità. Collegato al potere calorifico troviamo il residuo di ceneri, che indica quanto una determinata tipologia di pellet andrà a sporcare il nostro impianto, e conseguentemente a influenzare i costi di manutenzione dello stesso.
Affinché il pellet acquistato mantenga intatte le caratteristiche, però, sono molto importanti le sue modalità di conservazione. Tallone d’Achille di questo combustibile è l’umidità, e ciò indipendentemente dal valore del prodotto; valore che viene garantito dal produttore esclusivamente nel caso in cui il pellet sia conservato in maniera corretta in tutte le fasi che vanno dalla produzione, al magazzinaggio, fino al consumo finale. Il luogo ideale dove conservare il pellet è caratterizzato da un ambiente asciutto e privo di muffe. Evitare di appoggiare il prodotto (anche se ben imballato) direttamente sul pavimento è quindi la prima regola: un paio di bancali saranno sufficienti come piano di rialzo. Medesimo discorso è valido per i muri, dove a frapporsi tra questi e i sacchi di pellet si potrà posizionare una spessa lastra di polistirolo, che grazie alle sue proprietà isolanti impedirà all’umidità delle pareti di raggiungere il prodotto.